TESTO DELLA COMMISSIONE GOVERNATIVA “GRATTERI” CHE RAPPRESENTA LA MODIFICA NORMATIVA CONNESSA ALLA PROPOSTA 2 DEL TAVOLO 15
La questione penitenziaria, prepotentemente venuta all’attenzione a causa del problema del sovraffollamento delle carceri, ha trovato in questi anni risposte frammentarie, parziali e insufficienti, espressione della incapacità di affrontare il problema nel quadro unitario delle scelte statali di prevenzione e di repressione affidate al sistema penale.
Momenti di particolare criticità devono registrarsi con riferimento all’assenza di soluzioni concrete sul piano dell’organizzazione e gestione degli spazi detentivi nonché riguardo alla difficoltà di selezionare i soggetti da avviare a misure alternative e di rendere queste ultime effettive e “sicure”.
E così, per fare fronte all’affollamento e per riorganizzare l’esecuzione si è preferito rinunciare in tutto o in parte alla punizione degli autori di reati anche gravi, attraverso indulti, sconti ed altre forme di disattivazione dei meccanismi di esecuzione della pena; ciò non senza conseguenze in termini di sicurezza sociale. Più in generale è mancato un disegno unitario sulla esecuzione e corretta applicazione delle misure anche non detentive.
E’, invece, possibile e necessario dare una risposta ai problemi investendo sulle risorse umane e sulla qualificazione degli operatori incaricati di dare attuazione alla giustizia penale. Ciò consentirà di rendere maggiormente sicure ed affidabili le misure alternative al carcere, dando, al contempo,
piena attuazione al precetto costituzionale attribuente finalità rieducativa alla pena detentiva. E’ perciò indispensabile procedere con un disegno unitario che ricomprenda la esecuzione in carcere e la efficace applicazione delle misure anche non detentive, come espressioni diverse del principio di effettività della pena.
Nell’esperienza recente le misure alternative alla detenzione in carcere si sono rivelate efficaci solo nei confronti dei soggetti non socialmente pericolosi, ossia nei confronti di coloro che sin dall’inizio non avrebbero dovuto essere avviati all’esperienza carceraria. Al contrario rispetto a personalità più
complesse – a causa della mancanza di organi di polizia dediti al controllo delle prescrizioni imposte – esse si sono rivelate strumenti concretamente non affidabili e la loro applicazione ha registrato un vero fallimento. Analogamente è a dirsi per le misure di detenzione domiciliare il cui controllo, saltuario e frammentario, è stato affidato ai tradizionali organi di polizia, già oberati di
altri compiti istituzionali.
Se pertanto si vuole recuperare unitarietà ed efficienza al sistema penale ed alla fase di esecuzione che ne rappresenta la finalizzazione concreta e se si vuole rilanciare un sistema di sanzioni fondato su pene alternative e sulla messa alla prova, occorre preliminarmente costituire un’organizzazione
capace di intervenire in modo complessivo sul sistema delle pene, un’organizzazione specializzata per il conseguimento delle finalità costituzionali della pena e che abbia una relazione diretta con gli
organi della giustizia penale.
Ipotizzare un sistema penale che produca fin da subito sanzioni penali diverse dal carcere, in assenza di un sistema di verifiche e di controlli adeguati, rischia di fallire o di produrre effetti opposti rispetto a quelli sperati. Il destino del sistema penale s’ incrocia dunque con quello degli uomini che compongono le istituzioni chiamate a dare corretta esecuzione alle decisioni di giustizia.
Il dato di partenza di un’analisi sull’attuale assetto dell’amministrazione penitenziaria è quello di una enorme struttura che conta oltre a molti dirigenti generali, un corpo di polizia, un corpo di direttori, un corpo di appartenenti al servizio sociale, un corpo di educatori, e varie altre professionalità.
Una struttura pletorica che comporta altissimi costi per lo Stato e restituisce una azione inefficiente, perché paralizzata, in sede centrale, dall’eccesso di autonomia riconosciuta ai singoli settori, spesso in contrasto tra loro, e, in periferia, dai conflitti interni tra le diverse categorie. La riforma degli
agenti di custodia del 1990 è rimasta per molti versi incompiuta, risolvendosi nella mera estensione del compito di traduzione dei detenuti a quella che è rimasta in sostanza una polizia del carcere.
Eppure il reclutamento, la formazione e le qualifiche attribuite agli appartenenti al Corpo avrebbero meritato un ben altro destino. Ad oggi, la incapacità di ripensare in modo complessivo ad un ruolo strategico per questa polizia, ha nociuto sia alla valorizzazione di quel personale, sia agli obiettivi di
giustizia collegati al suo quotidiano operare. Nonostante la smilitarizzazione e l’adozione di un ordinamento civile il ruolo è rimasto limitato ed imbrigliato da molteplici fattori di natura organizzativa.
La polizia penitenziaria, incardinata nel Ministero della Giustizia, nella quale opera un personale qualificato e reclutato tra le migliori risorse umane del Paese, dotata di un ruolo direttivo di nuova istituzione, si trova oggi confinata alla gestione della custodia e del carcere, nonché relegata in
posizione di secondo piano tra le forze di polizia. Le ragioni di questa sottoutilizzazione vanno ricercate nella pletorica organizzazione e nella mancata definizione di un target funzionale ed istituzionale ben preciso, e dunque connotato da proprie specifiche ed autonome funzioni di polizia.
Solo riorganizzando il corpo che cura l’esecuzione della pena, prevedendo funzioni organicamente collegate alla medesima ed attribuendogli uno specifico ruolo tra le forze di polizia, si potranno ottenere gli sperati risultati sul piano della efficienza nella esecuzione penale e della corrispondenza
del percorso penitenziario alle finalità previste dall’art. 27 della Costituzione.
Ineludibile appare l’esigenza di realizzare un Corpo di Giustizia che, come previsto in altri paesi occidentali, si occupi della sicurezza dei luoghi di detenzione e di coloro che ivi operano o sono reclusi. Un Corpo di polizia che, dunque, provveda alla vigilanza ed all’assistenza nel percorso di
rieducazione dei reclusi in carcere o nel domicilio sin dal momento di inizio della esecuzione della misura e che, ove il magistrato lo disponga, possa – al pari delle altre forze di polizia – direttamente dare esecuzione ai provvedimenti di carcerazione emessi nei confronti di condannati in via
definitiva. Un Corpo che, analogamente a quanto avviene in altri Stati (si pensi ai Marshall negli Stati Uniti), si occupi, inoltre, della protezione dei collaboratori di giustizia, e della sicurezza dei magistrati e degli uffici giudiziari.
Si tratta di un’occasione che consentirebbe di sfruttare l’entusiasmo, le energie e la versatilità dei giovani funzionari di polizia penitenziaria, recentemente reclutati, e dunque di una opportunità che si presenta storicamente come unica per la migliore riuscita della riforma.
Attualmente la principale componente dell’Amministrazione Penitenziaria, il Corpo di Polizia Penitenziaria, soffre in particolare per la incapacità di assumere un ruolo netto e istituzionalmente definito, anche rispetto alle altre forze di polizia, che non sia esclusivamente legato alla vigilanza nelle carceri. D’altra parte il ruolo degli educatori penitenziari, creato originariamente per fare da contraltare ad un corpo di custodia privo della qualificazione ora acquisita dalla polizia penitenziaria, non ha più ragione di trovare spazio in una distinta struttura organizzativa; esso può fungere da ruolo tecnico nell’ambito di un corpo ormai da tempo formato ed addestrato per garantire nel suo complesso le finalità costituzionali della pena. Altrettanto è a dirsi per gli assistenti sociali, che potrebbero lavorare al controllo sulle misure alternative assistiti da più penetranti poteri di verifica propri di un corpo vocato alla probation, ossia alla misurazione dei progressi di reinserimento sociale dei soggetti ai quali è data una chance di espiazione fuori dal carcere per i reati compiuti.
In sostanza, per migliorare le condizioni detentive occorre: definire e qualificare il ruolo di chi opera nel settore dell’esecuzione penale; rendere agili le decisioni e compattare la formazione di governo del Corpo; sciogliere le diarchie e gli atavici contrasti tra le categorie; attribuire funzioni
nuove e coerenti che creino un sistema di competenze e di ruoli completo e funzionalmente autonomo.
In questo senso occorrerà riunificare nell’unica carriera del Corpo di Giustizia dello Stato le varie categorie oggi facenti capo al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.
Il Corpo di Giustizia dello Stato, il quale in tale prospettiva svolgerà tutte le funzioni connesse all’esecuzione delle pene disposte con sentenze definitive ed ai profili di sicurezza connessi all’attività giudiziaria, si configurerà pertanto come una autentica polizia della Giustizia, e non come una polizia del carcere, così come è stata sinora intesa la Polizia Penitenziaria. Alle attuali funzioni dell’amministrazione penitenziaria dovranno aggiungersi tutte le altre attività volte a dare concreta attuazione ai provvedimenti giudiziari, nonché a curare tutti i profili inerenti la sicurezza connessi all’attività giudiziaria. Tra le nuove competenze da attribuire alla “polizia della giustizia” vanno ricomprese:
– l’esecuzione dei provvedimenti di carcerazione o di esecuzione di pene diverse conseguenti a condanne definitive, ove il magistrato in tal senso disponga;
– la sorveglianza sui soggetti in detenzione domiciliare od ammessi ad altre misure alternative;
– la sicurezza dei magistrati, con apposito nucleo di agenti che provvederà anche ad assicurare la sicurezza dei palazzi di giustizia;
– la sicurezza dei collaboratori di Giustizia, anche non detenuti, determinando quella scissione tra attività di sicurezza ed attività investigativa da più parti invocata ed attuata in alcuni moderni ordinamenti occidentali.
Si tratta d’ istituire una polizia ad alta specializzazione, fondendo nell’unica realtà le attuali diverse carriere e specializzazioni dell’Amministrazione penitenziaria (polizia penitenziaria, educatori, assistenti sociali,) finalizzando le attività alla funzione costituzionale della pena, nel delicato bilanciamento tra sicurezza e trattamento.
Ciò comporterà, mediante la concentrazione di funzioni di vigilanza delle pene in un unico corpo di polizia, un risparmio consistente di mezzi ed una correlativa efficienza nel quadro di una organizzazione specificamente tarata allo scopo. Per altro verso, ciò consentirà di destinare tutte le
unità degli altri corpi di polizia (esemplificativamente, ma non esaustivamente, polizia di Stato, carabinieri, guardia di finanza) alle funzioni investigative, di prevenzione e di ordine pubblico.
Sul piano ordinamentale, l’accesso alla dirigenza per gli attuali funzionari direttivi del corpo e delle altre attuali categorie (ruolo direttivo educatori ed assistenti sociali) consentirà, oltre alla possibilità di coprire i posti resi vacanti, anche di destinare a ruoli di dirigenza i giovani funzionari, offrendo loro una progressione in carriera coerente col grado che andranno a rivestire.
L’alta specializzazione e la finalizzazione alle funzioni di giustizia (si tratterà di un organo di giustizia, inquadrato non a caso nell’apposito Ministero, incaricato di dare attuazione concreta alle sentenze ed ai provvedimenti dell’autorità giudiziaria) comporterà correlativamente una incompatibilità con funzioni ed iniziative di polizia giudiziaria ed un divieto assoluto di rapporti non autorizzati con i servizi di sicurezza. Residueranno esclusivamente le funzioni di polizia
giudiziaria per reati connessi allo svolgimento della funzione, attribuite dal codice di procedura penale e dalle leggi speciali. Ciò esalterà le funzioni di polizia connesse alla funzione di giustizia ponendosi un argine rispetto a qualsivoglia deriva di utilizzo del carcere per finalità informative. Il Corpo dunque verrà “riavvicinato” alle funzioni di giustizia ed ai magistrati, ferma restando la dipendenza organica e gerarchica dal Ministro della Giustizia. Opererà avendo tra i suoi compiti il rispetto della genuina raccolta delle prove e la canalizzazione diretta verso l’A.G. di qualsivoglia informazione rilevante a fini investigativi, nel principio secondo cui deve esservi rigorosa separazione tra chi protegge e garantisce la sicurezza delle fonti di prova e chi invece svolge indagini.
Il modello ordinamentale ricalcherà, in qualche misura, quello del Corpo forestale dello Stato: difatti in tale apparato, sotto la comune appartenenza ad una forza di polizia – e, dunque, un’unitaria catena gerarchica – opera personale altamente specializzato, distinto secondo differenti profili professionali.
Questo modello potrebbe consentire – medio tempore – la confluenza nel nuovo Corpo unitario di tutte le professionalità operanti nell’amministrazione penitenziaria.
Vista l’entità delle modifiche da introdurre, dal punto di vista della tecnica normativa, non ci si può limitare a semplici novelle di singoli articoli delle leggi vigenti. Al contrario, è necessario procedere alla redazione di un testo che contenga la disciplina dello stato giuridico e dell’organizzazione del “nuovo” apparato amministrativo.
Il nuovo testo dovrà contenere i seguenti principi:
– Superamento della dicotomia Polizia penitenziaria/Amministrazione: tutti i dipendenti dell’Amministrazione saranno inquadrati nel Corpo di Giustizia dello Stato;
– Tale Corpo – a ben più elevato livello e con competenze esclusive – continuerà a rappresentare una delle forze di polizia dello Stato;
– Sarà prevista l’assegnazione di aliquote di personale del Corpo di Giustizia alle Procure della Repubblica (art. 55, lett. a) e b), c.p.p.) per la sicurezza e la esecuzione dei provvedimenti. Il Corpo concorrerà all’attività di esecuzione di provvedimenti restrittivi (ordini di esecuzione per l’espiazione delle pene) e curerà la gestione ed il controllo di tutti i provvedimenti dell’esecuzione
penale ed anche delle future pene alternative;
– Il Capo del Corpo – Dirigente Generale, sarà alle dirette dipendenze del Ministro della Giustizia, in assenza di un apposito Dipartimento con il relativo capo. Potrà essere un magistrato o un appartenente al Corpo;
– Inquadramento dei funzionari del ruolo direttivo ordinario pol. pen. nel ruolo direttivo ordinario del Corpo;
– Inquadramento di tutto il restante personale della pol. pen. in ruoli degli Ispettori, dei Sovrintendenti e degli agenti-assistenti del Corpo;
– Inquadramento di tutto il personale dell’ A.P., nel Corpo, distinto secondo le specializzazioni professionali e le qualifiche (dirigenziale, direttiva, ecc…);
– Le qualifiche e l’avanzamento in carriera saranno disciplinati in maniera analoga a quella della Polizia di Stato;
– Trasferimento del Servizio Centrale di Protezione all’interno del nuovo Corpo di giustizia per la protezione dei testimoni e dei collaboratori di giustizia;
– Attribuzione, in concorso con le altre forze di Polizia, della tutela dei magistrati e della sicurezza delle aule di udienza e dei palazzi di giustizia.
Lo scopo della riforma del Corpo è in ultima analisi quello di preparare sul piano organizzativo la piattaforma di competenze e di funzioni indispensabile alla “grande riforma” del sistema penale, fondata sull’introduzione della diretta espiazione di pene diverse dal carcere, sul rilancio di misure alternative da applicare in corso di espiazione, e sulla probatio. Tutte soluzioni che – per garantire sicurezza sociale – devono prevedere un controllo effettivo e non burocratico del percorso di reinserimento o della messa alla prova, che solo un Corpo specializzato e dedito in esclusiva alla esecuzione penale può garantire.
Si tratta dunque di creare le professionalità che consentano di evitare il fallimento delle misure alternative, contribuendo a convertirle in misura detentiva, qualora l’interessato abbia manifestato pericolosità sociale e volontà di delinquere e, al tempo stesso, di assicurare un adeguato controllo
delle forme di espiazione diversa dal carcere, che nell’attuale sistema di fatto è mancante. Rispetto all’attuale DAP occorre tagliare drasticamente il numero dei dirigenti generali.
I 12 provveditorati Regionali possono essere diretti da dirigenti superiori. Inoltre la strutturazione di competenze organiche in materia di esecuzione della pena e di sicurezza consentirà di ottenere sensibili risparmi ed economie “di scala” sui servizi erogati, di rendere efficienti arresti e detenzioni domiciliari e dunque di deflazionare il carcere dei soggetti che appaiono meno pericolosi o già avviati a percorsi di rieducazione, nonché di aumentare la effettività delle sanzioni penali e l’effetto di deterrenza delle medesime, oggi al minimo storico dalla nascita della Repubblica.
ARTICOLATO NORMATIVO
Articolo 1
(Istituzione del Corpo di Giustizia dello Stato)
1. E’ istituito il Corpo di Giustizia dello Stato.
2. Il Corpo di Giustizia dello Stato, di seguito “il Corpo”, è forza di polizia dello Stato ad ordinamento civile che provvede: all’attuazione delle decisioni della giustizia penale ed alla sicurezza connessa alle sue attività; alla politica dell’ordine e della sicurezza degli istituti e servizi penitenziari e del trattamento dei detenuti e degli internati, nonché dei condannati ed internati ammessi a fruire delle misure alternative alla detenzione; al coordinamento tecnico-operativo e alla direzione e amministrazione del personale, nonché al coordinamento tecnico-operativo del predetto personale e dei collaboratori esterni del Corpo; alla direzione e gestione dei supporti tecnici. Esso attende, ove il magistrato lo disponga, alla notifica ed all’esecuzione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, e di quelli che prevedono pene e misure definitive non incidenti sulla libertà, conseguenti alle sentenze passate in giudicato; garantisce l’ordine all’interno degli istituti di prevenzione e di pena e ne tutela la sicurezza; assicura le attività di osservazione e di trattamento rieducativo dei detenuti e degli internati; espleta il servizio di traduzione dei detenuti ed internati ed il servizio di piantonamento dei detenuti ed internati ricoverati in luoghi esterni di cura; cura la sicurezza e la gestione logistica dei collaboratori di Giustizia, sulla base delle norme che regolano il funzionamento del Servizio Centrale di Protezione; provvede, insieme alle altre forze di polizia, al controllo degli arrestati e detenuti domiciliari e alla loro sicurezza nonché all’attuazione delle misure di protezione in favore degli appartenenti all’ordine giudiziario e del personale del Ministero della Giustizia.
3. Il Corpo è posto alle dirette dipendenze del Ministro della giustizia, con organizzazione e organico distinti da quelli del Ministero della giustizia. E’ fatta salva la dipendenza funzionale dal Ministro dell’interno per le questioni inerenti l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza, il pubblico soccorso e la protezione civile. 4.Il Corpo di polizia penitenziaria è sciolto ed il Dipartimento
dell’amministrazione penitenziaria è soppresso. Il Corpo succede al Corpo di polizia penitenziaria nella bandiera, nello stemma, nelle decorazioni attribuite a quest’ultimo.
Articolo 2
(Deleghe al Governo)
1. Per l’attuazione dell’articolo 1, il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) Previsione che il personale del Corpo con funzioni di polizia sia ripartito nei ruoli di: agente ed assistente; sovrintendente; ispettore; commissario; primo dirigente; dirigente superiore; dirigente generale.
b) Previsione delle competenze e dei compiti dei ruoli indicati alla lettera a) e della disciplina delle rispettive procedure di partecipazione alle selezioni volte all’arruolamento, di scrutinio ed avanzamento, di assegnazione, di mobilità, e, limitatamente al personale direttivo e dirigenziali, di conferimento di incarichi.
c) Previsione che al Corpo sia preposto un magistrato, ovvero un appartenente al ruolo dei dirigenti generali del Corpo stesso che assume il nome di Capo del Corpo, nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa delibera del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della giustizia.
d) Previsione di direzioni centrali del Corpo quali uffici dirigenziali di livello generale del Corpo e che esse costituiscano posto di funzione dei dirigenti generali del Corpo.
e) Previsione di direzioni regionali del Corpo quali uffici dirigenziali di livello superiore del Corpo che succedano nelle attribuzioni ai provveditorati regionali dell’amministrazione penitenziaria e che l’incarico di direttore regionale costituisca posto di funzione di dirigente superiore del Corpo.
f) Previsione che la direzione degli istituti penitenziari e degli uffici locali di esecuzione penale esterna costituisca ufficio dirigenziale del Corpo e che l’incarico di direttore sia posto di funzione di primo dirigente del Corpo.
g) Previsione che l’individuazione degli uffici di livello dirigenziale non generale e dei relativi contempli organi disciplinari presieduti da magistrati esterni al ministero; che individui sanzioni efficaci e proporzionate e preveda un procedimento disciplinare ispirato al contraddittorio con il dipendente ed alla concentrazione ed economia dell’azione amministrativa conseguente.
i) Previsione che l’organizzazione e l’attività di servizio del Corpo sono stabiliti con uno o più regolamenti adottati ai sensi dell’ articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
j) Previsione che il Servizio centrale di protezione per i collaboratori di giustizia costituisca struttura dirigenziale del Corpo e che la titolarità costituisca posto di funzione di dirigente superiore del Corpo stesso.
k) Previsione che le scuole del Corpo provvedano alla formazione, all’addestramento, all’aggiornamento e alla specializzazione del personale del Corpo, nonché previa intesa con le rispettive amministrazioni quello dipendente da altre pubbliche amministrazioni, con oneri a carico di queste ultime.
l) Previsione dell’istituzione di sezioni del Corpo, e della determinazione della relativa dotazione organica, con decreto del Ministro, su proposta congiunta del Capo del Corpo e del Capo del Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, presso gli uffici giudiziari.
m) Previsione dell’inquadramento del personale della carriera dirigenziale penitenziaria con qualifica di dirigente generale nei ruoli, ad esaurimento, rispettivamente, di direttore centrale e direttore regionale del Corpo. Previsione che i dirigenti generali con incarico di direttore generale e
vice capo di dipartimento siano inseriti nel ruolo ad esaurimento dei direttori centrali. Previsione che i dirigenti generali con incarico di provveditore regionale siano inseriti nel ruolo ad esaurimento dei direttori regionali. Previsione della conservazione del trattamento economico in godimento.
n)Previsione dell’inquadramento del personale della carriera dirigenziale penitenziaria ascritto ai ruoli d’ istituto penitenziario e di esecuzione penale esterna di cui alla legge 27 luglio 2005, n. 154, ed al decreto legislativo 15 febbraio 2006, n. 63, nella qualifica corrispondente a quella di primo dirigente del Corpo, con permanenza nell’incarico dirigenziale in atto ricoperto dal dirigente penitenziario fino al termine dell’incarico stesso. Previsione della conservazione del trattamento economico in godimento. Individuazione dei criteri di conferimento della qualifica di dirigente superiore. Abolizione della carriera dirigenziale penitenziaria.
o) Previsione della possibilità di opzione per i dirigenti penitenziari in servizio all’entrata in vigore della presente legge nel ruolo unico nazionale della dirigenza, ove effettivamente istituito, ovvero, in assenza, per l’inserimento nel ruolo dei dirigenti di Area 1 esistenti nel Ministero della giustizia.
p) Previsione dell’inquadramento del personale del Corpo di polizia penitenziaria nei rispettivi ruoli del Corpo. Previsione dell’inquadramento degli ufficiali del disciolto Corpo degli agenti di custodia nel ruolo dei primi dirigenti del Corpo, anche in soprannumero, per non oltre 30 unità. Previsione della conservazione del trattamento economico, anche accessorio, in godimento.
q) Previsione dell’istituzione di ruoli tecnici amministrativi del Corpo, ulteriori rispetto a quelli istituti con decreto legislativo 9 settembre 2010, n. 162, a norma dell’articolo 18 della legge 30 giugno 2009, n. 85 con facoltà di inquadramento del personale del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria appartenente ai profili professionali coerenti delle aree funzionali ed all’area 1 della dirigenza contrattualizzata. Previsione della conservazione del trattamento economico, anche accessorio, in godimento.
r) Possibilità di opzione, per il personale di cui alla lettera c) di transito a domanda nelle equivalenti posizioni retributive e funzionali delle altre amministrazioni del Ministero della giustizia, anche in soprannumero, con conseguente indisponibilità, in tal caso, del posto di funzione che si viene a scoprire negli istituendi ruoli tecnici del Corpo.
s) Previsione che il personale del Corpo con qualifiche permanenti di polizia sia autorizzato a portare armi, sia esente dal richiamo in servizio militare per istruzione o per mobilitazione e abbia diritto al libero percorso sulle linee dei mezzi pubblici di trasporto urbano e metropolitano.
t) Previsione che i criteri per la determinazione dell’armamento in dotazione al Corpo siano stabiliti, anche in difformità dalle vigenti norme in materia di armi, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri dell’interno, della difesa e dell’economia, sentito il Comitato nazionale dell’ordine e della sicurezza pubblica.
u) Previsione che il Ministro della giustizia con proprio decreto determini le caratteristiche delle divise uniformi degli appartenenti al Corpo, nonché l’obbligo e le modalità d’uso in conformità alle altre forze di polizia ad ordinamento civile.
V )Previsione che il personale, appartenente ad altri corpi di polizia, che opera presso il Servizio Centrale di Protezione in servizio al momento di entrata in vigore della presente legge, a domanda, transiti nei corrispondenti ruoli del Corpo, fino alla copertura di non oltre il 50 per cento della attuale dotazione organica prevista per il predetto Servizio.
w) Previsione, per quanto non sia direttamente disciplinato dai decreti legislativi, dell’applicazione delle disposizioni vigenti per la Polizia di Stato.
2. Gli schemi dei decreti legislativi approvati dal Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono presentati alle Camere per il parere di competenza che è espresso entro sessanta giorni. Decorso il termine, i decreti possono essere comunque adottati.
Articolo 3 (Disposizioni transitorie e finali)
1. Fino all’entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all’articolo 2, continuano ad avere vigenza, laddove compatibili, le disposizioni della legge 15 dicembre 1990, n. 395 e dei decreti legislativi emessi su delega contenuta nella stessa legge nonché del decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1999, n. 82.
2. Le attrezzature, i mezzi, gli strumenti, gli equipaggiamenti ed ogni altra dotazione del Corpo di polizia penitenziaria nonché i beni mobili ed immobili assegnati al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria sono attribuiti al Corpo.
3. Il personale in atto in servizio presso il Servizio Centrale di Protezione, continua a svolgere le attività nelle quali è impiegato, fino all’istituzione del servizio del Corpo di cui all’articolo 2, comma 1.
Con decreto del Ministro della giustizia, emesso di concerto con il Ministro dell’interno, sono definite le modalità del passaggio di consegne per l’assunzione delle funzioni di controllo degli arrestati e detenuti domiciliari, e delle relative attrezzature elettroniche.
Fonte: Ministero della Giustizia